Ricerche e progetti di Luca Sorbo

Oggetto di ricerca della Società Fotografica Napoletana non sono solo la storia e le fotografie, che vengono catturate in stampe che ci ricordano il nostro passato, ma sono innanzitutto persone. Siamo sinceramente lieti che a Napoli, in Campania, ci siano persone che in maniera appassionata dedichino la loro vita alla fotografia.

Luca Sorbo è considerato tra i massimi esperti in storia e tecnica della fotografia in Italia. È stato docente presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli dal 2004 al 2019. E’ vice-presidente, dal 2014 al 2019, del Gruppo Namias, la principale associazione italiana sulle stampe alternative. Ha pubblicato numerosi libri e saggi come autore e curatore: “Segni di guerra, sguardi di pace” edito dall’Università L’Orientale e “Napoli e la fotografia” e “Saggi e riflessioni sulla fotografia e Napoli” editi entrambe dalla ESI, “Italia inedita di un secolo fa” edito da Intra Moenia. Ha curato numerose mostre tra cui una su Rodolfo Namias alla Biblioteca Marciana di Venezia nel 2018. Sempre nel 2018 è membro del comitato scientifico per la mostra di Bernoud al Museo Nazionale di San Martino e pubblica un testo nel catalogo. 

Perché Napoli può essere definita una città unica per la storia della fotografia? Perché a Napoli sono nate le prime associazioni fotografiche?

Napoli è stata una città molto amata dai fotografi fin dalle origini. Questo soprattutto per la sua bellezza paesaggistica e per la quantità e qualità dei suoi monumenti. Il Vesuvio, gli Scavi di Pompei e di Ercolano, le isole, il suo centro storico erano tappe obbligate per i tanti turisti del Grand tour che erano sempre desiderosi di avere dei souvenir che potessero testimoniare il loro viaggiare e la fotografia rispondeva in modo perfetto a questa loro esigenza. La Napoli di metà Ottocento era la città più internazionale di Italia e tutte le riviste scientifiche e letterarie sia inglese sia francesi erano lette. 

La notizia della fotografia fu subito accolta con entusiasmo dalla comunità scientifica ed artistica cittadina. Macedonio Melloni lesse la prima relazione in Italia sull’invenzione del dagherrotipo il 12 novembre 1839 e Gaetano Fazzini diede una pubblica dimostrazione della nuova straordinaria invenzione il 28 novembre 1839. L’entusiasmo fu enorme e si avviarono già dal 1842 studi professionali. Le associazioni amatoriali cominciarono a diffondersi dopo il 1860, quando fu introdotta la tecnica al collodio umido per il negativo e dell’albumina per la stampa. Su questi primi periodi è necessario effettuare approfondite ricerche perché le informazioni che abbiamo sono molto limitate. 

Possiamo affermare che esiste una scuola di fotografia napoletana? Se sì, chi possono essere considerati i fondatori e quale è la sua particolarità?

È difficile affermare se esiste oppure no una scuola fotografica napoletana. Una caratteristica dei fotografi, ma anche di artisti di altri settori, è l’individualismo che ha sempre impedito una sistematica collaborazione. Abbiamo quindi tanti solisti, anche di livello internazionale, ma non un gruppo di autori che riconoscendosi in alcune idee si configurano come una vera e propria scuola. Nonostante questo, tutti i fotografi si sono confrontati con la città e, quindi, tutti sono uniti dall’amore per Napoli che, nella sua complessità e ricchezza, ha segnato le ricerche di tutti i fotografi che hanno operato in città. 

Come è quando è iniziata la tua ricerca fotografica?

Ho cominciato a lavorare nel mondo della fotografia nel 1994, collaborando con un’agenzia fotogiornalistica di Roma. Ho seguito molti eventi realizzando immagini di cronaca. In particolare ho seguito i festival del cinema di Venezia e Giffoni. Ho avuto qualche esperienza come reporter di guerra, andando in Palestina e Libano. Nel 2002 pubblico il mio primo libro finanziato dall’Univestità L’Orientale di Napoli dal titolo Segni di guerra, sguardi di pace. Nel 1994 mi sono specializzato in cultura fotografica al CRAF di Spilimbergo e nel 2004 ho seguito un corso avanzato in conservazione e restauro della fotografia all’Istituto delle pietre dure di Firenze e dagli Alinari.  Ho sempre avuto un forte interesse per la storia. Mi sono interessato di tecnica indagando le tecniche tradizionali di ripresa e stampa ed ho cercato di indagare il rapporto tra tecnica e linguaggio fotografico. Nel 2002 curo in collaborazione con Silvia Cocurullo la pubblicazione di un numero monografico sulla fotografia a Napoli, edito dalla ESI, a cui seguirà nel 2007 Saggi e riflessioni sulla fotografia a Napoli, sempre edito dalla ESI. Nel 2009 pubblico il volume Italia inedita di un secolo fa, dove presento le immagini inedite del pittore Eugenio Buono (1860-1948), di cui avevo scoperto l’archivio e di cui ho ricostruito l’attività. Il volume viene apprezzato dai principali musei italiani ed europei. Nel 2018 organizzo in collaborazione con il gruppo Rodolfo Namias, di cui sono stato Vice Presidente, una giornata studio sulla manualistica tecnica di Namias con una mostra alla Biblioteca Marciana di Venezia, all’interno del Palazzo Ducale. Anche di questa iniziativa c’è un catalogo.  Dal 2004 sono docente all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Dal 2019 ho sospeso insegnamento per occuparmi di progetti di ricerca. 

A quali progetti e ricerche stai lavorando ora?

Oggi mi sto occupando di ricerche storiche sulla fotografia a Napoli ed anche in Italia. Organizzo numerosi incontri con autori cercando di indagare le ragioni delle loro ricerche. Realizzo anche corsi di fotografia, dove invito i partecipanti a scoprire le ragioni del loro interesse per la fotografia al fine di individuare le scelte tecniche ed espressive più efficaci. Promuovo anche l’attività di giovani autori dando loro dei consigli sui passi da fare per avviare una ricerca autoriale. Occasionalmente realizzo anche lavori professionali per moda o pubblicità. 

Hai sottolineato il problema dell’archiviazione e conservazione della fotografia. Quali iniziative sono state intraprese per censire, conservare e valorizzare il patrimonio fotografico di Napoli e della Campania?

Purtroppo il tema della conservazione del materiale fotografico è stato affrontato in Campania solo successivamente al duemila e quindi molti archivi erano già dispersi. Non c’è ancora una consapevolezza della difficoltà e della importanza di preservare i supporti fotografici sia positivi sia negativi e, quindi, quasi tutti i tentativi messi in atto non hanno avuto successo. Io sto cercando di fare un censimento degli archivi presenti in Campania in collaborazione con il circolo Flegreaphotoe con la FIAF. È necessario un impegno deciso delle istituzioni per riuscire a valorizzare tutto  il materiale fotografico presente. Non sono molto ottimista, ma cerco di sensibilizzare tutti sulla necessità di un intervento. Nel 2016 ho collaborato con Maurizio De Giovanni per realizzare un volume fotografico edito da SKIRA che ricostruisse la Napoli del Commissario Ricciardi  dal 1928 al 1932. È stata una bella esperienza ed un notevole successo editoriale e per realizzarla ho dovuto consultare molti archivi cittadini. Mi dispiace solo che un’iniziativa del genere non sia stata pensata da una casa editrice della Campania. 

Parlaci della tua attività di fotografo. Come ti sei formato? Che ruolo ha avuto Napoli in questo percorso?

Ho cominciato a lavorare nel 1994 come fotogiornalista in collaborazione con un’agenzia di Roma. Ho avuto esperienze come fotografo di scena sia in teatro che in cortometraggi con giovani registi. Ho anche realizzato lavori nella moda e nella pubblicità. Nel 2004 vinco il concorso come docente all’Accademia di Belle Arti di Napoli e da allora mi occupo prevalentemente di ricerche storiche sia relativamente alle tecniche che al linguaggio. Oggi coordino anche gruppi di fotografi per documentare il presente ed il cambiamento della città di Napoli. Nel 2018 abbiamo presentato una mostra al PAN in cui 18 giovani autori hanno mostrato la realtà di Scampia e Ponticelli. Nell’occasione è stato anche prodotto un catalogo. Oggi lavoro occasionalmente come fotografo. Sto lavorando ad un progetto di geografia visiva attraverso la fotografia nel territorio in cui vivo: L’Alto Casertano. Napoli è sempre un punto di rifermento nelle mie ricerche anche quando non la coinvolgono direttamente. 

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