La fotografia artistica

La stampa su carta albuminata e la sua enorme versatilità, fecero sì che in pochi anni avvenisse un esplosiva nascita di fotografi, tanto nel Vecchio quanto nel Nuovo Mondo, molti dei quali videro nella fotografia un’alternativa alla pittura. Con la dagherrotipia, l’ambrotipia e l’inizio della ferrotipia, il soggetto della fotografia era fondalmentalmente il ritratto e, molto più raramente, il monumento storico o la riproduzione di un quadro. Con la foto su carta albuminata e con una nuova generazione di fotografi, nacque la fotografia artistica che riproduceva la quotidianità e che permetteva scoprirne una bellezza prima inosservata.

Tuttavia non mancarono resistenze ad accettare la fotografia quale forma d’arte al pari delle altre arti visive. Nella decade del 1850 un gruppo di pionieri si batté sino ad avere pieno successo per far riconoscere alla fotografia lo status di arte. Tra questi, Nadar (Gaspard-Félix Tournachon), Gustave Le Gray, Edouard Baldus, Henry Peach Robinson, Oscar Gustave Rejlander, Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson) e Roger Fenton furono i primi che compresero che la fotografia in quanto espresione artistica non doveva necessariamente essere sempre lo specchio della realtà, ma era necessario indagare la complessa relazione tra creazione artistica e immagine reale.

Autoritratto girevole di Nadar

Quando il fotografo Nadar nel 1856 propose all’Académie de Beaux-Arts che anche la fotografia fosse oggetto di esposizioni al pari della pittura e della scultura, nacque un’accesa polemica che fu risolta solamente nel 1859, con l’accettazione di questa nuova forma d’arte grazie all’appoggio del grande pittore Eugène Delacroix e dello scrittore Théofile Gautier, altrettanto autorevole. 

Come scrive Rejlander : “la stessa strada che fa un pittore quando intende dipingere la deve fare un fotografo quando vuole fare una composizione fotografica. Le due cose stanno insieme, si separano e poi si riuniscono[…]. La fotografia può tornare utile agli artisti in molti modi, ma pochi di loro ne sono coscienti. Eccone uno: dopo aver fatto uno schizzo, si può fotografarlo; poi sulla carta all’albumina si può giocare con i colori come e quanto si vuole, finché si arriva al risultato desiderato per poi procedere al dipinto; con un pennello bagnato si possono rimuovere i colori, come se non ci fossero mai stati, e il disegno sotto rimane lo stesso.”

Rejlander, Doppio autoritratto, 1873

Essendo stampata a contatto, nei suoi primi anni di vita la dimensione della fotografia era condizionata da quella della lastra che a sua volta era limitata dalla difficoltà di realizzare macchine fotografiche di grandi dimensioni per le difficoltà ottiche che ciò comportava. Alcuni fotografi commisero l’errore di usare la fotografia come se fosse un sostituto del pennello, ritraendo soggetti “nobili” propri della pittura e con inquadrature pittoriche. Ma altri ne compresero sin da subito l’enorme potenzialità per documentare la realtà quotidiana in tutti i suoi diversi aspetti preferendo soggetti apparentemente banali e di scarso “pregio pittorico”. Sono proprio costoro i padri della fotografia artistica o “arte fotografica”. 

La fotografia artistica è molto differente dal documento fotografico, che è un’altra pietra miliare resa possibile dalla fissazione dell’immagine luminosa sulla carta: la prima, anche se sembra fissare la realtà, è sempre attentamente costruita dal fotografo che la trasfigura per raggiungere il risultato estetico che si è prefissato; la seconda, invece, ha lo scopo di registrarla quando più fedelmente e oggettivamente possibile.

Nella foto artistica spesso l’immagine era costruita sovrapponendo più negativi, opportunamente schermati in alcune parti, sino a costruire un’immagine composta che non corrispondeva a nessuna della lastre utilizzate se non in alcune parti: ciò consentiva di andare ben oltre la dimensione delle lastre di vetro e poter realizzare fotografie su carta albuminata anche di grandi dimensioni. Non di rado la frontiera tra fotografia artistica e fotomontaggio era molto evanescente, soprattutto nelle stampe di grande formato, e, come per la pittura, non di rado il fotografo prima di realizzare gli scatti sulla lastra disegnava un bozzetto dell’immagine complessiva che voleva costruire.

di Alberto Trivero Rivera

Foto della copertina – Oscar Gustave Rejlander, Due modi di vivere, 1857.

Fonte:

il libro “La fotografia nel xix secolo. Dal dagherrotipo alla foto postale”

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