Gianni Berengo Gardin racconta per la prima volta “Tevere”

Gianni Berengo Gardin è un fotografo italiano con un raro talento documentaristico in grado di vedere la fragile e intangibile bellezza nelle scene di tutti i giorni. Inizia a dedicarsi alla fotografia all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento. Da quel momento non smette mai di fotografare, accumulando un archivio fotografico monumentale capace di raccontare l’evoluzione del paesaggio e della società italiana dal dopoguerra a oggi. Fin dall’inizio focalizza la sua attenzione su una varietà di tematiche che vanno dal sociale, alla vita quotidiana, al mondo del lavoro fino all’architettura e al paesaggio.

Berengo Gardin è quindi un fotografo eclettico, apprezzato a livello internazionale, e che è stato spesso accostato a Henri Cartier-Bresson per il lirismo della sua fotografia.

In questa breve intervista il maestro Gianni Berengo Gardin per la prima volta parlerà di un suo libro ai più sconosciuto, come del resto è ancora sconosciuto (nonostante sia da tutti nominato) il soggetto principale… il Tevere.

In questo libro di nome “Tevere” datato 1976, con una sensibilità e intuizione fuori dal comune, Gardin ha documentato le genti ed alcuni luoghi intorno al fiume. Un libro che rappresenta una preziosissima testimonianza di un passato in cui i nostri nonni erano giovani genitori e i nostri genitori giovani adolescenti.

Durante questa breve chiacchierata traspare tutta la sua straordinaria umanità, umiltà e saggezza, il quale con senso critico sottolinea gli aspetti positivi e negativi del suo libro.

Gianni Berengo Gardin:

“Di questo libro l’ho fatto nel 76.

Avevo scelto io l’argomento perché essendo vissuto tanti anni a Roma, mi interessava l’argomento. Rivisto oggi dopo tanti anni, perché questo è del ‘76 avevo fatto le foto nel ’74, è uno dei miei pochi libri in cui c’è tanto bianco e nero e un pò di colore. Di solito quei pochi libri a colori che ho fatto sono tutti a colori e il 90 per cento dei miei libri sono in bianco e nero. Prima di tutto le foto in bianco e nero sono stampati malissimo tipograficamente. Ci sono troppi neri, non ci sono le mezze tinte grigie e i bianchi sono sparati.  Non è una bella stampa, però all’epoca non esisteva digitale, si facevano altri tipi di stampe, però non è una bella stampa. Mentre i colori sono abbastanza buoni. Certe foto non me li ricordavo, mi hanno ricordato i personaggi che avevano fotografato. Anche se impaginato dal mio amico Pieraccini non sono d’accordo sulle fotografie quelle che sono state fatte grandi e quelle che sono fatte piccole, però in linea di massima è un bel libro per quell’epoca.

Il testo poi simpatico. Devo dire che mi ricordo molto bene tutte le foto che ho fatto le situazioni luoghi, anche se sono passati tanti anni, però oggi forse le farei in altro modo. Sempre privilegiando le persone che i luoghi, poi ci sono troppe foto di scultura. Tutto sommato è libro che mi piace e non mi piace.

L’ho guardato con occhio critico come se guardassi il libro di un altro non un libro mio. Però mi sembra che c’è una bella descrizione dell’umanità che c’è intorno al Tevere”.

Il piacere nel vederlo rivivere certe esperienze ed avventure legate alla sua vita e al suo viaggio sul Tevere mi ha trasmesso emozioni indescrivibili. Dire che è stato un onore conoscerlo sarebbe riduttivo. Posso dire con certezza che Gardin ha rappresentato uno tappa molto importante del mio viaggio sul fiume. Un viaggio diverso rispetto a quello del maestro, ma con la stessa voglia di conoscenza e meraviglia. Manca poco, presto lo scoprirete.

L’intervista è stata realizzata da Matteo Luciani, ecobiologo, fotografo: nello specifico si occupa di progetti editoriali di carattere naturalistico, antropologico e di promozione territoriale. Autore dei libri “Custodi erranti. Uomini e lupi a confronto” e “Universi artigiani. la via dell’uomo”.

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